Dice Guido Cristini, docente di marketing all’università di Parma, che la (definitiva) consacrazione del private labelsta avvenendo in questi ultimi mesi del 2012. Il segnale arriva dalla cosmetica, tradizionalmente refrattaria agli acquisti di prodotti con il marchio del distributore: «Il recinto emozionale dei grandi brand si sta restringendo – dice – per dare spazio alla (pressione promozionale) del distributore, che è capace di fornire una scontistica maggiore al cliente».
LA GRANDE DISTRIBUZIONE – In tempi di crisi cambia anche la dinamica dei consumi. E cresce sempre più la quota di mercato del private label (i prodotti messi in vendita con la marca del distributore, ad esempio Coop Italia, Esselunga, Pam), che ora supera il 17%. Ancora un segmento di nicchia nei consumi di massa, distanza anni-luce dai volumi del private label degli altri Paesi europei (in Gran Bretagna supera il 40%, in Francia siamo attorno al 34%). Eppure – riporta uno studio dell’Associazione Distribuzione Moderna – questo comparto è in crescita del 7,3% rispetto al 2011, con una notevole differenziazione geografica. Perché se nel nord-Italia supera un terzo delle vendite totali (35,7% in linea con i dati europei), al Sud la sua penetrazione è ancora molto contenuta. Segno (probabilmente) di una poca vitalità dei punti vendita della grande distribuzione al Meridione, con la progressiva riduzione degli esercenti e un sistema di logistica a singhiozzo che penalizza l’intera filiera alimentare.