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venerdì, Marzo 29, 2024

Allentamento delle prescrizioni, una ripartenza da prendere con le molle

AttualitàAllentamento delle prescrizioni, una ripartenza da prendere con le molle

Una ripartenza da prendere con le molle. Una canzone di Loreta Goggi – scrive il professor Tullio Farina – nel suo testo contiene la seguente frase “Che fretta c’era, maldetta primavera”. L’identica frase mi ritorna alla mente in questa fase emergenziale, quando tutti non vedono l’ora di rimettere i piedi fuori di casa per sbrigliarsi all’aria aperta. Giustamente le attività produttive, soprattutto, quelle dei ristoratori, dei bar e dei commercianti, che vogliono riprendere il loro lavoro e certamente hanno ragione, dovrebbero essere riaperte, perché non possono rimanere paralizzate a lungo. Ma a ben riflettere, non sempre ciò che in un primo momento può sembrare ragionevole ed utile, perché, a pensarci bene, ci potrebbe essere qualche ragionamento ancora più convincente del primo. Premesso che per l’inizio di una risoluzione della crisi emergenziale il primo parametro da rispettare dovrebbe essere quello della riduzione drastica, se non l’eliminazione totale del contagio che impone rigorosamente la conseguente distanza sociale, in quanto va da sé che la sola apertura immediata delle attività non risolverebbe proprio nulla, al contrario potrebbe peggiorare la situazione per due motivi. Il primo motivo perché ci potrebbe essere una ripresa sciagurata del contagio per il mancato rispetto delle regole imposte o per persone ancora malate in giro, che darebbe il colpo finale a tutti in quanto si vanificherebbe il lungo periodo di quarantena, già patito. Ed infatti durante un mercato o una fiera basterebbe un viandante bulgaro o un mercante circasso, di arboriana memoria del programma televisivo “Il caso San Remo”, per rivitalizzare il contagio. Mi risulta inoltre che il Lombardia, durante il periodo di incubazione del virus, si sia privilegiato più l’interesse economico che quello sanitario, preferendo di tenere aperte tutte le attività produttive. Il risultato di quella errata valutazione oggi stanno sotto gli occhi di tutti con il più grande numero di contagiati e di morti. Il secondo motivo è quello che proprio per la distanza sociale molte attività non potrebbero far entrare e servire la solita clientela e quindi non operare a largo raggio, con conseguente riduzione degli incassi. Orbene questa riduzione di eventuali incassi se potrà essere ben assorbita dalle attività a conduzione familiare, sarebbe un disastro economico per tutte quelle attività che hanno lavoratori dipendenti, poiché a fine mese con gli incassi fatti i titolari non potrebbero pagare non solo i dipendenti, ma neanche le spese di gestione con il risultato finale di aggravare la loro situazione debitoria. Nel caso specifico neanche i contributi statali potrebbero essere sufficienti per una ripresa, perché fino a quando non ci sarà un afflusso sostenuto di clienti le attività non potrebbero mai risollevarsi. Terminati i contributi statali senza una effettiva ripresa quale sarebbe la loro situazione economica? Presto detto: a digiuno e senza messa. E che dire poi delle tantissime persone che, proprio per paura di contagiarsi in un periodo in cui li virus non è stato ancora debellato, potrebbero non frequentare soprattutto i ristoranti, i bar e gli altri luoghi di svago? A fronte di questo scenario certamente desolante e sconfortante appare chiaro che “un tana libera tutti” anziché risolvere il problemi li aggraverebbe molto di più, che l’unico sbocco che si profilerebbe all’orizzonte sarebbe il fallimento di tantissime attività. Ed allora invece di partire per la crociata al grido di “Dio lo vuole” si rifletta sui termini delle riaperture poiché se lo sbagliare iniziale è stato un errore umano, il perseverare sarebbe diabolico ed imperdonabile. Prudenza vorrebbe che si prestasse molta attenzione, prima di rimettersi in cammino, sia sulla certezza dei contributi statali, regionali e comunali e sia sulla certezza che il contagio del virus, pur non essendo ancora sconfitto, fosse veramente sotto controllo. Senza queste due condizioni molti giocherebbero al Rischia tutto, storica trasmissione televisiva. Sarà quindi opportuno concertare con le autorità preposte tempi e modi della ripresa, tenendo però presente che una o due settimane in più oggi di chiusura potrebbero dare più certezza per il futuro. Queste mie osservazioni – chiude il professor Tullio Farina – potranno essere sgradite a coloro che vogliono il libera tutti, ma io le esplicito lo stesso perché non vorrei che un domani, a frittata fatta, molti dicano che non c’è stato nessun ad aver aperto gli occhi, cosi come avvenuto in Lombardia per i malati del Covid-19, sistemati nelle RSA Se al contrario dovessi sbagliarmi e tutto filerebbe liscio, sarei il primo ad essere contento”.

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