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giovedì, Aprile 25, 2024

L’alibi (finto) dietro l’eccesso di cesarei “Il bambino si era messo di traverso”

FocusL'alibi (finto) dietro l'eccesso di cesarei "Il bambino si era messo di traverso"

Parti cesarei inutili, giustificati attraverso schede di dimissione non veritiere, che citano una “posizione anomala del feto” non menzionata nella cartella clinica e quindi probabilmente inesistente. Segnalare quel problema sembra più che altro un modo per spiegare a posteriori una pratica chirurgica intrapresa senza motivazioni sanitarie. Il ministero della Salute e Agenas, l’agenzia sanitaria delle Regioni, hanno fatto uno studio sul ricorso eccessivo al parto cesareo, soprattutto nelle regioni del Sud, scoprendo che spesso in ospedale si modifica la documentazione sanitaria.

Il punto di partenza sono stati i dati molto diversi tra una realtà locale e l’altra proprio per quanto riguardo l’incidenza della “posizione anomala del feto”, condizione associata all’intervento chirurgico in maternità. Ebbene, la frequenza media nazionale di questo problema è dell’7%, ma ci sono regioni come la Campania che arrivano al 21% (la Sicilia al 10%) e singole strutture in cui si tocca addirittura il 50%. “Questi valori  –  spiegano al ministero  –  sono incompatibili con la distribuzione di questa condizione al parto nella popolazione e quindi hanno fatto sorgere il sospetto di una utilizzazione opportunistica di questa codifica, non basata su reali condizioni cliniche”.

La ricerca si è basata su un controllo a campione fatto su oltre 1.100 cartelle raccolte dai Nas nelle sale parto di tutte le Regioni.  “Il rischio di non corrispondenza nelle informazioni tra scheda di dimissione e cartella clinica è un problema importante su tutto il territorio nazionale”, rilevano al ministero. Anche là dove non c’è un’alta incidenza di cesarei ci sono comunque problemi di chiarezza dei documenti ospedalieri. Cartelle e schede di dimissioni risultano non coerenti tra loro nel 44% dei casi in Lombardia e nel Lazio, nel 78% in Sicilia, nel 56% in Puglia e nel 46% in Calabria. Vanno benissimo invece Veneto e Liguria, dove non c’è alcuna differenza tra i due documenti, nonché Val d’Aosta e provincia autonoma di Trento.

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