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venerdì, Marzo 29, 2024

Archeologia industriale, il Molise sconosciuto

AttualitàArcheologia industriale, il Molise sconosciuto

di MARINA BUCCI

Il paesaggio molisano conserva antiche testimonianze legate all’archeologia industriale e pre industriale; tratturi, cartiere, ramerie, lanifici, mulini, pastifici, frantoi, centrali elettriche ed idroelettriche, fornaci, strade, ponti, porti, caricatoi, ferrovie e piccole imprese minerarie ma l’elenco potrebbe continuare ancora. Questi edifici non hanno solo un importanza storica e architettonica, ma rappresentano la storia industriale e quella del lavoro in Molise. Una storia legata certamente alle risorse disponibili del territorio regionale, se pensiamo per esempio ai numerorissimi mulini lungo i corsi d’acqua come quello Corona, nell’agro di Baranello, edifici spesso impossibili da raggiungere, nascosti da una fitta vegetazione, dismessi ed abbandonati, luoghi dove il tempo sembra essersi fermato a narrare un racconto. Un racconto tutto particolare, quello di una ruota idraulica che sembra ancora essere in movimento grazie alla forza del fiume che scorre, di una grossa macina in pietra che schiacciando piccoli chicchi di grano sembra ancora produrre farina, quello di una bilancia ancora al suo posto che attende di essere adoperata e di quei strumenti attaccati ancora alle vecchie pareti che venivano utilizzati dal mugnaio per il funzionamento e la manutenzione dell’opificio. Ma la storia industriale è legata anche ai cicli di produzione, se pensiamo alle antiche fornaci di laterizi come quella appartenente alla famiglia Petrucciani, nell’attuale zona industriale di Campobasso e Ripalimosani. Al suo interno conserva ancora enormi macchinari impolverati, dov’è possibile ricostruire passo dopo passo e con un attento studio come avveniva la produzione. Entrare all’interno del complesso Petrucciani oggi è un emozione senza tempo, l’antica ciminera svetta sull’intera area, la casa della famiglia insieme ai piccoli alloggi degli operai sono la testimonianza di come questi edifici non raccontano solo la storia del lavoro, ma anche storie di persone, storie di uomini, donne e persino di bambini. Nonostante il Molise sia una delle regioni meno industrializzate oggi si può parlare comunque di “patrimonio industriale”, se infatti esaminiamo i settori portanti dell’economia molisana si scopre che essi sono tipici dell’età preindustriale che con il passare del tempo subiscono chiaramente trasformazioni con le nuove tecnologie diventando oggi non solo testimonianze del lavoro. Sono numerorissime le realtà come queste in regione; edifici lasciati troppo spesso in uno stato di completo abbandono, conosciuti da pochi e sconosciuti per molti, che non appartengono ancora alla storia molisana, né alle politiche di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. Eppure in Italia la memoria storica industriale è un argomento di grande attualità, un settore che comincia a diffondersi su tutto il territorio nazionale già negli anni Settanta, un fenomeno legato fondamentalmente al bisogno di recuperare o di riconvertire e riutilizzare vecchie fabbriche dismesse che avevano lasciato ormai il segno sul territorio. Il recupero o la riconversione di edifici dismessi rappresenta un aspetto primario delle politiche urbane e rurali, anche in vista di uno sviluppo turistico, da alcuni anni ormai è infatti cresciuto il “turismo industriale” come particolare segmento dell’offerta turistica-culturale, questo dovrebbe essere un trampolino di lancio anche per l’economia turistica molisana. Troppo spesso però assistiamo alla loro cancellazione come testimonianza del passato e proprio nell’epoca del recupero rischiamo di andare incontro a perdite irreversibili. Oggi in Molise grazie all’insegnamento di storia del patrimonio industriale all’interno del corso di laurea magistrale in Archeologia, beni culturali e turismo, finalmente non solo docenti ma anche studenti e studiosi universitari grazie anche al supporto dell’AIPAI (Associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale), con sezione anche in Molise, hanno iniziato ad avvicinarsi a questa disciplina, effettuando inoltre attività di ricerca con l’obiettivo di analizzare questo patrimonio nelle sue molteplici connessioni con il sistema dei beni culturali ed ambientali. Nonostante ciò, ancora pochi molisani conoscono questo patrimonio abbandonato e  sono ancora più rari i casi di recupero e conservazione; uno di questi è Piana dei Mulini a Colle d’Anchise, dove nei pressi di un seicentesco mulino ad acqua poi divenuto centrale idroelettrica si respira un’atmosfera magica, il sito offre la visione di pezzi di storia raccontata dall’architettura suggestiva, sapientamente recuperata e conservata, con archi, canali, chiuse, ponti, resti delle antiche guide delle macine, la turbina della centrale idroelettrica azionata con la cascata dell’acqua condotta dal canale principale. Oggi è un albero diffuso, in cui spicca il rispetto per l’accoglienza familiare, in camere confertevoli, una cucina raffinata in linea con i sapori di un tempo, dove sentieri e passerelle offrono l’accesso al Parco Fluviale del Biferno, ricco di flora e fauna e dove i turisti possono prendere parte a percorsi pedonali didattici, attività sportive come kanoa e rafting. Un esempio questo, di archeologia industriale sicuramente da seguire per il riuso o la riconversione di opifici dismessi ormai da tempo. Forse, in questa regione non è ancora diffusa la consapevolezza che i beni della cultura materiale sono fonte di conoscenza della vita quotidiana degli uomini e che anche le fabbriche, grandi o piccole che siano sono libri di pietra, è nostro compito sfogliare le loro pagine, leggerli accuratamente, saperli interpretare e scoprirne la loro storia, il loro valore.

 

« Il lavoro, anche quello più semplice e di tipo tradizionalmente artigiano, prima di essere dura fatica ed un processo produttivo, è un sistema estremamente intelligente e complesso di operazioni consecutive e simultanee, che, o in parte o completamente la macchina può riprodurre, ma sono come braccio e non come cervello. Senza lo studio dei procedimenti operativi, i singoli elementi della fabbrica, cioè le macchine come ferraglie e le mura come capannoni, perdono veramente ogni significato, e nello stesso tempo si opera, uno spaventoso depauperamento della civilità umana: ogni antico mestiere scomparso o non adeguatamente documentato è come una specie di animale o vegetale annichilita; si marcia così verso un deserto non solo ecologico… i presunti segreti dei costruttori delle cattedrali sono nulla rispetto ai mille segreti e trucchi di mestiere legati alle macchine ed agli edifici che ci sforziamo di salvare, e che invece troppo spesso ulteriormente svuotiamo»– Eugenio Battisti

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