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giovedì, Aprile 25, 2024

L’INTERVISTA/ Bregantini al Molise:“Date fiducia, puntate in alto e trasformate le criticità in punti di forza”

AperturaL'INTERVISTA/ Bregantini al Molise:“Date fiducia, puntate in alto e trasformate le criticità in punti di forza"

di NADIA VERDILE

“Date fiducia, puntate in alto e trasformate le criticità in punti di forza”. Questa la ricetta per il Molise del vescovo della diocesi di Campobasso – Bojano, Gian Carlo Bregantini. Teologo, giornalista, autore di moltissimi scritti, venne in questa terra proveniente dalla Locride, sei anni fa, carico di esperienze forti, fatte di lotta alla ‘ndrangheta, scomuniche ai malfattori. Bregantini non è uomo dalle mezze misure. Lo si ama o lo si odia. Tertium non datur.

Terra di mezzo, tra il Sud e il Centro, né nell’uno né nell’altro. Del Molise, vescovo, si parla poco, si conosce poco.

 Questa nostra terra è abitata da un popolo nobile, che conosce il sacrificio e lo ha fatto fruttare, che è mite e onesto, che ha preservato l’ambiente; la nostra gente tiene vivi i profumi di un tempo, lavora con dedizione e passione. Qui la criminalità è limitata, il malaffare trova pochi argini di approdo. Non è tutto rose e fiori, ma è una regione bella, abitata da un popolo cordiale.

Quali sono i problemi più gravi ed urgenti?

 Qui nascono pochi bambini, ci sono poche prospettive, si sente forte il tempo della crisi, molti sono i lavoratori in difficoltà.

Come iniziare il cambiamento, l’inversione di rotta?

 La prima cosa che dobbiamo fare, tutti, è credere nella rinascita. Basta pessimismi, disfattismi, luci che si spengono! A cominciare dalla mia Chiesa, dai miei preti che troppo spesso dimenticano l’immenso potere della loro parola, la forza straordinaria della fede. Indispensabile un dialogo, serrato con il mondo del lavoro molisano, che vive in questo tempo una delicata crisi di speranza. Nulla di più utile della dottrina sociale della Chiesa: mettere sempre al centro di ogni prospettiva e di ogni azione la dignità della Persona umana.

Per fare questo qual è la prima mossa?

 Puntare sulla cultura della solidarietà, azione vincente davanti alla precarietà e alla disoccupazione, piaga che richiede da parte di tutti, impegno e coraggio. Di questi il Molise ha immenso bisogno, perché il lavoro è la grande sfida per le nostre terre, sfida che deve coinvolgere tutti.

Ci sono esempi di buone prassi a cui fare riferimento?

 Ce ne sono, ce ne sono. Penso per esempio al neonato Museo del profumo di Sant’Elena Sannita, un piccolissimo borgo che ha sperimentato in questi ultimi decenni tutte le criticità di cui prima parlavamo: mancanza di nascite, mancanza di lavoro, surplus di case abbandonate, scarsa fiducia in quelli che restano, nel futuro, grande emigrazione. Bene, il Museo del Profumo è un chiaro messaggio di riconversione alla speranza. In quella che era la scuola elementare ormai abbandonata, è stato allocato il primo museo del profumo dell’Italia centro-meridionale. L’emigrazione è diventata una risorsa: quelli che sono andati via, gli arrotini di Roma e Napoli, hanno oggi reinvestito nelle loro radici e hanno contribuito, dopo essere diventati profumieri, nella realizzazione di quest’opera che è un progetto per il presente e per il futuro. Perché un museo, fine a se stesso non serve a molto. Questo luogo farà da traino e da lancio. Il progetto della realizzazione di un profumo autoctono grazie alla coltivazione delle erbe officinali darà opportunità di crescita al territorio, permetterà di guardare al futuro con rinnovato sorriso. Penso anche agli alberghi diffusi che stanno nascendo nella regione. Uno straordinario modo per trasformare le criticità in positività. Le stalle vuote che diventano piccoli nidi per ospitare i turisti alla ricerca di una terra felice, pulita, in armonia con il creato. E’ il caso di Castel del Giudice ma anche il caso di Jelsi, dove oggi si producono le mele.

Cosa occorre per realizzare questi sogni di rinascita?

Occorrono esperti che certifichino le potenzialità di questo o quel territorio; occorrono esempi realizzati di buone prassi che diano la possibilità di verificare da vicino il come e il quando; occorrono istituzioni concrete capaci di ascoltare il territorio, progettare il futuro e investire per la rinascita. La politica deve farsi carico delle proprie responsabilità. La collettività deve restare attenta, monitorare le promesse, non scambiare i diritti con i favori e andare consapevole e preparata alla consegna delle domande. Chi conosce i propri diritti sa come farli valere, chi sa quali sono le strade da poter percorrere sa come attraversarle. Bisogna scegliersi maestri coscienziosi e preparati.

Chi sono i cattivi maestri?

I cattivi maestri sono quelli che illudono, che promettono cose che sanno di non poter mantenere o che uccidono le speranze con il pessimismo. In un tempo di crisi, qual è quello che stiamo vivendo, è facile cadere nell’inganno.

 

 

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