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giovedì, Marzo 28, 2024

Gli infermieri precari della provincia di Isernia chiedono chiarezza, “azioni concrete che risolvano definitivamente il nostro problema”

RegioneGli infermieri precari della provincia di Isernia chiedono chiarezza, “azioni concrete che risolvano definitivamente il nostro problema”

“Dai politici ci aspettiamo qualcosa in più della semplice solidarietà, che oltretutto arriva solo dopo che abbiamo reso pubblica la nostra problematica attraverso una prima manifestazione di protesta”. Tornano nuovamente a far sentire la loro voce gli infermieri precari della provincia di Isernia, da anni impegnati nelle strutture pubbliche con contratti a tempo determinato. Personale specializzato, che ora rischia di trovarsi fuori dal mondo lavorativo a causa delle nuove disposizione dell’ASReM. “La solidarietà va bene da parte dei cittadini comuni – dicono nella nota –  ma non è sufficiente dai rappresentanti delle istituzioni, sia di centrodestra che di centrosinistra, i quali avrebbero dovuto invece assumere decisioni concrete ed intraprendere azioni mirate per risolvere definitivamente il nostro problema, evitando che si arrivasse a questo punto. Le parole, quindi, non ci bastano più; devono invece seguire fatti concreti e non promesse strumentali ripetute da anni! La nostra situazione – continuano i precari – è arcinota a tutti, e da diversi mesi si sapeva che entro dicembre 300 infermieri sarebbero rimasti disoccupati, dopo che per anni hanno messo la propria professionalità al servizio dei malati molisani e dell’ASREM, rinunciando a ferie, facendo i doppi turni, lavorando in turno da soli, sostituendo gli ausiliari che sono anch’essi in numero insufficiente. Nessuno, però, ha voluto evitare che questa situazione si procrastinasse nel tempo. Siamo stati lasciati soli dalla classe politica, dai sindacati e, cosa ancor più grave, dal nostro stesso Collegio professionale che, a differenza di quanto viene fatto a livello nazionale dove ci si batte contro il precariato, in Molise ha deciso di tacere su questo problema, facendo finta che non esistiamo, anche se tutti gli anni paghiamo regolarmente la quota di iscrizione all’Albo. La nostra protesta – proseguono gli infermieri precari – non è volta a chiedere un favore al politico di turno, ne a suscitare pietà in chi ci ascolta. Desideriamo solo che ci venga riconosciuto un diritto, cioè il lavoro stabile, acquisito con anni di sacrificio. Un diritto che a questo punto faremo valere in tutte le sedi opportune, ricorrendo anche all’azione legale. Naturalmente avremmo preferito non arrivare a questo, ma evidentemente non sono serviti a nulla gli anni durante i quali abbiamo assicurato i livelli minimi di assistenza, ricoprendo posti vacanti. Alcuni reparti hanno funzionato con il 90% del personale precario che nel corso degli anni ha acquisito esperienze e competenze che hanno permesso di offrire un’assistenza di qualità, sopperendo a carenze strutturali. Chi afferma che le agenzie interinali sono state usate solo per reclutare operatori per brevi sostituzioni o per emergenza ferie, dice una cosa inesatta. Specie nella zona di Termoli – puntualizzano – le “brevi sostituzioni” sono diventate anni di lavoro, e ora quegli stessi infermieri non potranno far valere l’anzianità di servizio perché formalmente risultavano dipendenti dell’agenzia interinale. Inoltre, a coloro i quali dicono che quella degli infermieri precari è stata “una scelta di comodo”, fatta per rimanere a casa, rispondiamo che nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare le motivazioni che hanno mosso tali scelte. Non è “comodo” non poter accendere un mutuo o chiedere un banale prestito perché si ha un contratto a tempo determinato. Poi, se noi precari non fossimo rimasti a lavorare in Molise, chi in questi anni avrebbe assicurato l’assistenza ai malati, visto che non si poteva assumere diversamente e che da oltre dieci anni non si fa un concorso? Molti degli infermieri precari molisani nel corso degli anni hanno vinto concorsi in altre regioni e sono stati perciò chiamati a lavorare con contratti a tempo indeterminato, a cui hanno rinunciato chi per attaccamento al proprio territorio, chi per problemi familiari, chi per altre motivazioni. Ma di sicuro, nessuno è rimasto con le mani in mano. Ognuno ha cercato di dare il massimo per la propria regione, nelle strutture molisane, sperando che prima o poi vi fosse un futuro concreto dal punto di vista lavorativo. Ed è il futuro ciò che oggi chiediamo con forza! Dal canto nostro – concludono –  non resteremo in silenzio, ma continueremo a far sentire la nostra voce in maniera forte e perentoria”.

 

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