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mercoledì, Aprile 24, 2024

San Giuliano di Puglia, dal CIPE non arrivano i fondi per i risarcimenti alle vittime della Jovine. Intervento della Protezione Civile che presta otto milioni al Comune

AperturaSan Giuliano di Puglia, dal CIPE non arrivano i fondi per i risarcimenti alle vittime della Jovine. Intervento della Protezione Civile che presta otto milioni al Comune

di Michele Mignogna

Nonostante i proclami, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale nel 2011, i famosi 340 milioni di euro stanziati da una delibera del CIPE non sono mai stati trasferiti nelle casse della Regione Molise. Quei fondi, oltre a terminare la ricostruzione, dovevano servire anche come acconto per risarcire i parenti delle vittime della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia. Dodici milioni di euro la somma stabilita da una sentenza della Corte di Appello di Campobasso come provvisionale, da dividere tra le parti civili costituitesi in giudizio. L’unica strada che si è riusciti a trovare è un prestito di otto milioni dalla Protezione Civile. 

 “Ci siamo fatti carico di un problema che andava risolto, e con la delibera del CIPE in parte lo abbiamo risolto. I familiari delle vittime della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia saranno risarciti in parte con dodici milioni di euro, dal finanziamento totale del CIPE”. Queste le parole pronunciate da Michele Iorio nel mese di luglio del 2011, quando in una roboante conferenza stampa annunciò che il CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, aveva stanziato la bellezza di 340 milioni di euro per la ricostruzione in Molise, o meglio, per terminare la ricostruzione, e anche per iniziare a risarcire i parenti dei piccoli studenti morti sotto le macerie della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia.

Questi fondi, in realtà, non sono mai arrivati e nessuno sa se arriveranno. Intanto però il comune di San Giuliano di Puglia, in solido con tecnici, progettisti e costruttori, è stato condannato dalla Corte di Appello di Campobasso a risarcire i parenti delle vittime della scuola. Alcuni di questi partenti avevano già avanzato atti ingiuntivi nei confronti del Comune stesso, compresa la richiesta degli interessi e delle spese legali, con il sostegno di una sentenza del Tribunale Civile che si era pronunciato in quel senso.

Lo stesso Comune, sempre nel 2011, aveva messo addirittura in vendita dei beni comunali, tra i quali la nuova piscina e altre strutture costruite dopo il sisma. Solo che per procedere alla vendita effettiva c’era bisogno di un’autorizzazione dello Stato che non è mai arrivata, come non sono arrivati i soldi della delibera CIPE. Insomma una situazione ingarbugliata come solo le vicende burocratiche italiane sanno essere. Ma Comune e Regione una soluzione, per quanto complicata, la trovano.

Con la costituzione dell’Agenzia regionale per la Protezione Civile, il direttore Giarrusso scopre che la stessa Agenzia ha una disponibilità finanziaria pari a otto milioni di euro. Meno dei dodici che servono, ma è un passo avanti. Solo che la Protezione Civile, pur riconoscendo nella delibera numero 609 della Regione Molise la possibilità che i fondi CIPE arrivino, dice al Comune di San Giuliano di Puglia che concederà la somma ma sotto forma di prestito, in quanto il Comune, come si diceva, è stato condannato in solido con altri soggetti. Ed è proprio su questi soggetti che il Comune o eventualmente la Protezione Civile dovranno rifarsi, solo che gli altri condannati ormai non posseggono più nulla sul quale poter intervenire, essendosi spogliati di tutto a seguito della sentenza della Corte di Appello di Campobasso.

Non solo. Il Comune, prima di provvedere all’accredito, deve individuare una forma di rateizzazione della restituzione della somma. E in effetti cosi succede. Il Comune, dopo aver individuato una forma di rateizzazione, scrive una lettera ai parenti delle vittime. Siccome il Comune non ha quei soldi in cassa, dice, e per poterli avere ha dovuto fare un accordo con la Protezione Civile, c’è bisogno che gli aventi diritto rinuncino da subito agli interessi e alle altre spettanze.

Ora non sappiamo se tutto questo sia legale o meno, ma sta di fatto che tutti i parenti delle vittime, anche quelli che non hanno fatto atti ingiuntivi all’ente, devono firmare una dichiarazione in cui, appunto, rinunciano a questi soldi. A questo punto vengono naturali alcune domande, e cioè: può un ente andare “contro” una sentenza di un Tribunale? Può chiedere, a chi ne ha diritto, di rinunciare ai soldi che gli spettano? E se, mettiamo, gli altri condannati, che già si sono spogliati di tutti i beni, non avranno la possibilità di far fronte alla loro parte, chi restituirà il debito con la Protezione Civile? Infine, come mai questa soluzione è stata trovata ora, a ridosso delle elezioni regionali?

 

 

 

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