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giovedì, Aprile 18, 2024

Il problema dell’Italia non è il popolo ma è la casta

AperturaIl problema dell'Italia non è il popolo ma è la casta

di ADELE FRARACCI

Il paradigma costruito per giustificare ed assolvere l’inadeguatezza dei politici e perpetrare le storture del sistema Italia è il seguente: la classe politica è lo specchio fedele della società. Sicché politici approssimativi e superficiali, finanche disonesti e corrotti o ignoranti e arroganti – si ripete da anni in modo martellante – corrispondono specularmente ai tratti distintivi del popolo e alla volontà generale che si esprime attraverso il voto. Insomma il paradigma è: se ci troviamo da tempo in una situazione così paludosa e critica la responsabilità è innanzitutto del popolo italiano che si fa rappresentare da gente inadeguata, a cui evidentemente somiglia. Il paradigma e’ stato confezionato ad hoc per fornire ai vari politici, finanche ai più inadatti, uno scudo di cui comodamente avvalersi e attraverso cui difendersi per rimandare indietro al mittente le critiche e le accuse. Prima domanda : a chi conviene la costruzione del paradigma? Senza ombra di dubbio ai politici, che possono in tal modo sentirsi legittimati ad esercitare mediocremente o malissimo il proprio ruolo, continuando a salvaguardare e perpetrare ad oltranza il godimento dei propri privilegi, finanche di fronte a scandali veri e propri, appellandosi al principio di somiglianza. Il paradigma serve ad esorcizzare, cioè, un principio che è invece un caposaldo, in politica così come in qualunque settore della vita associata: la responsabilità individuale. Seconda domanda: il costrutto cosa ha determinato di peggio? Il fatto che dopo anni e anni la gente stessa e’ ormai convinta che la responsabilità è di tutti o quantomeno della maggioranza e pertanto la colpa non è solo dei politici. E così nella costruzione artificiosa del paradigma della condivisione delle responsabilità, sotteso al principio di somiglianza,tutto rimane immobile, squallidamente stagnante, fermo, bloccato. E’ a questo punto doveroso squarciare il velo: il problema dell’Italia non è il popolo ma è la classe dirigente, formata non dai migliori della società civile, bensì dai peggiori. I meccanismi per entrare in politica sono infatti tali che non consentono facilmente l’accesso a candidarsi o a partecipare attivamente. La democrazia, affinché possa essere autentica, deve poter contare non solo sull’appuntamento al voto, certo nevralgico, ma anche su meccanismi chiari e inclusivi di accesso e di partecipazione reale dei cittadini alla vita politica, altrimenti il potere non risiede davvero nella sovranità popolare ma si accentra nelle mani dei potentes che regolano a proprio vantaggio il come si entra in politica, come si seleziona e si recluta la classe dirigente e come si esercita il potere, guarda caso anche aumentandone la quantità, il peso specifico, a proprio personale vantaggio. Ormai da anni , del resto, più che di classe politica, che prevederebbe mobilità, avvicendamenti e un certo dinamismo, si parla di ‘casta’, la quale si considera completamente separata dagli altri, chiusa al punto da trasmettere di padre in figlio, ma anche da marito a moglie o da cognato in cognato funzioni e ruoli politici e si attribuisce speciali prerogative o privilegi, ad iniziare dalla disponibilità economica per sostenere una campagna elettorale; il fenomeno è talmente appariscente da aver dato sempre più spinta e linfa, non a caso, al movimento 5 stelle, percepito ormai da molti cittadini come uno degli strumenti più accreditati per sbarazzarsi della casta. C’è da aggiungere un ultimo aspetto: se i politici hanno da sempre favorito clientelismo e raccomandazioni, la casta degli ultimi trent’anni ha addirittura messo a regime questo sistema, tanto da aver annichilito il merito ed aver immesso nei gangli nevralgici e apicali degli apparati amministrativi centrali e periferici, nonché nelle agenzie secondarie e satelliti della politica – enti per lo più inutili di cui il cittadino medio neppure conosce l’esistenza- persone approssimative e incompetenti, ma, proprio per questo, strumentalmente funzionali ad alimentare il sistema, pronte cioè a soddisfare i desiderata dei politici, a cui devono riconoscenza, e accorte a tutelare gli interessi particolari, anche personali, certo non coincidenti con quelli generali. È così che l’Italia ha pagato e continua a pagare lo scotto in termini di decadenza e di tronfio trionfo della mediocrazia : posti di responsabilità affidati, attraverso bandi taroccati e curriculum costruiti ad hoc per graziosa concessione dall’alto, a personaggi sostanzialmente mediocri; inevitabile, dunque, che oggi l’Italia viva emergenze sul piano della reale competitività nei più diversi settori e sul versante etico e del rispetto della legalità . Ecco, e’ ora di smontarlo il paradigma, al fine di pretendere appropriata sintonizzazione con le voci e con i toni reali del Paese, che non corrispondono a quelli della politica e dei suoi accoliti. Del resto pure sul piano delle immagini, quando ci si specchia, vi sembra di somigliare a un Razzi, a uno Scilipoti, a un Verdini? O da Molisani a un Micone, a un Di Pietro junior o a un Di Nunzio? Suvvia, si esca fuori dal paradigma: in Italia a esser malata e’ la classe dirigente, la casta, che in parte fa finta di non sapere e in parte davvero non sa di stare grave e imputa ai cittadini le proprie patologie perché così le conviene.

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