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venerdì, Marzo 29, 2024

Referendum. A Campobasso Alessandro Pace, presidente nazionale del «Comitato per il no»

AperturaReferendum. A Campobasso Alessandro Pace, presidente nazionale del «Comitato per il no»

14440638_10210581644523179_6756579861649766598_ndi MARTA MARTINO

Se vincesse il sì al referendum «Boschi- Verdini» sulla riforma della Carta Costituzionale che l’esecutivo Renzi ha in mente, ma ancora non fissa sul calendario, non si potrebbe contestare, perché si andrebbe contro il Parlamento, il Governo e la volontà dell’elettorato che si è espresso. Ma è anche vero che ci si troverebbe di fronte ad una svolta centralistica piena di contraddizioni. A spiegare le ragioni per votare no a tale referendum, è arrivato a Campobasso il professore emerito di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, nonché presidente nazionale per il «Comitato nazionale per il no», Alessandro Pace,  per partecipare all’incontro organizzato da Coscienza civica, il primo di una serie che il movimento politico, costituito da Massimo Romano, ha in programma per coinvolgere  tutto il territorio molisano.
«Ci sono diverse ragioni, valide e importanti, per votare no- esordisce Pace-  e la principale, la più decisiva è che questa riforma costituzionale non avrebbe nemmeno dovuto essere iniziata e continuata. Per la semplice ragione che la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 1 del 2014, ha dichiarato la legge elettorale, la cosiddetta Porcellum, illegittima. E sulla base di questa legge- continua il professore – è stata eletta la diciassettesima legislatura. Illegittima pure quella, per conseguenza logica, e che  vuol fare? Vuole modificare la Costituzione? Assurdo. Ci rendiamo conto che sarebbe una revisione viziata alla base?». Applausi dalla platea, nella sala Costituzione (luogo appropriato) della Provincia di Campobasso. Insomma, la Corte Costituzionale ha dichiarato il Porcellum incostituzionale perché a suo insindacabile giudizio non rappresenta i cittadini e una assemblea che non rappresenta i cittadini vuole modificare la più sacra Carta dello Stato, quella che garantisce i più inviolabili diritti del popolo italiano. Il ragionamento, condiviso dagli intervenuti e dagli esponenti di Coscienza Civica, sfila preciso e solido come un teorema di geometria. «E’ assurdo, è una cosa addirittura abnorme!», scandisce Pace, con toni indignati ma pacati. E il secondo punto esposto, per rigettare in blocco il referendum, non è meno valido del primo, anzi:  le riforme costituzionali le deve fare il Parlamento, non il Governo, perché questi si muove in un’ottica di indirizzo politico. Se si accettasse questa «novità», si abbasserebbe la stessa revisione della Costituzione al livello delle leggi di indirizzo politico. E ci sono già esempi: la sostituzione dei commissari della commissione degli affari costituzionali Mauro e Mineo o l’applicazione del «super canguro» alla Corte Costituzionale. Cose possibili per le leggi ordinarie ma non per una di modifica della Costituzione. Se poi si entra nel merito, le contraddizioni aumentano,  precisa il presidente nazionale per il «Comitato nazionale per il no». «Vediamone una delle più importanti: vogliono togliere l’elettività diretta dei senatori quando questa è sancita dall’articolo 1 della Costituzione. Il Governo Renzi ha in mente un Senato che non può funzionare, perché composto da sindaci e consiglieri regionali che dovrebbero svolgere part time il loro lavoro e le loro importanti incombenze». E chi ne farebbero le spese sarebbero i cittadini, ovviamente. «Il Senato rappresenta le autonomie locali- chiosa Pace-  quindi le Regioni. Ma se queste vengono private di poteri, che cosa rappresenta questo Senato? Se vincesse il sì al referendum, sarebbe una svolta centralistica piena di contraddizioni».

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