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giovedì, Aprile 18, 2024

Venittelli affonda il “Molise di tutti”. Dal PD al “Partito Masseria”, storia di una truffa politica

AperturaVenittelli affonda il “Molise di tutti”. Dal PD al “Partito Masseria”, storia di una truffa politica

masseriadi PASQUALE DI BELLO

Una nota al vetriolo diramata dall’onorevole Laura Venittelli contro Antonio Di Pietro è l’occasione per una riflessione sulla involuzione del quadro politico regionale trasformato, nel corso degli anni, in una masseria dove regnano sovrani l’anarchia e l’opportunismo.

Che Laura Venittelli, parlamentare molisana del PD, sia una donna risoluta e dai modi spicci è una cosa che non scopriamo noi oggi. Non c’è quindi da sorprendersi se questa mattina, appena sveglia, ha sferrato un calcione negli stinchi di Frattura e Di Pietro (seniror e junior), il triunvirato che si sono inventato un movimento politico calderone chiamato “Il Molise di tutti” ma che, in realtà, porta un altro nome: “Il Molise dei furbi”. Dentro, infatti, ci stanno una seri di furbacchioni che di riffa o di raffa cecheranno col Molise di tutti di garantire una poltrona a ben pochi. A se stessi, per capirci. Chi volete, ad esempio, che rielegga oggi Cristiano Di Pietro? Non lo voterebbero nemmeno i cinghiali di cui, notoriamente, si occupa per delega del presidente Frattura. Venittelli, che vuole bene a Frattura come una suocera alla nuora, se l’è apparentemente presa con Antonio Di Pietro ma, così facendo, non ha lesinato un pizzino per il presidente della Regione e, di passata, anche al segretario regionale del PD, Micaela Fanelli.

Questa la breve nota che riportiamo integralmente. “Il Molise di tutti e Antonio Di Pietro dovrebbero far pace con loro stessi, forse abbagliati dal senso auto-referenziale di un movimento che nasce da un parricidio partitico, visto che l’Italia dei Valori è stata annientata di fatto – almeno localmente – da chi l’ha fondata”. L’onorevole del Pd Laura Venittelli interviene così nel dibattito politico che si è aperto dopo la presa di posizione dipietrista sui referendum proposti da Filippo Civati. “Sia nella nostra regione che nel Paese occorre chiarezza a livello politico e non ci si può trincerare dietro logiche di novella democrazia diretta solo per dare sponda a chi vuole fare le pulci alla maggioranza e al governo Renzi. Diciamo basta ai teatrini politici, non si può stare a braccetto col Pd in Molise perché conviene blindare posizioni di governo del territorio e poi sparare nel mucchio sul palcoscenico nazionale, in un momento decisivo per il cammino riformista dello Stato, riforme che chi di dovere, Di Pietro in testa, non sono stati capaci di promuovere perché occupati in sedi parlamentari a ingaggiare battaglie personalistiche”.

A parte qualche sgrammaticatura, la nota è molto chiara, com’è chiaro il tentativo di stare con tre piedi in una staffa messo in campo da Frattura e dalla coppia dei Di Pietro, senior e junior. Venittelli scrive che “il Molise di tutti e Antonio Di Pietro dovrebbero far pace con loro stessi”, e su questo non ci sono dubbi. Quello che invece Venittelli non dice (ma forse lo pensa) è che oltre a questa di pace ce n’è un’altra da fare: quella dl Pd col proprio cervello. Ormai sono anni che questo partito in Molise (primeggiando anche in Italia, vedi la liaison con Verdini) si sta comprendo di ridicolo attraverso operazioni macchiettistiche che si ripetono uguali, con monotona puntualità, a mezzo cammino con le tornate elettorali. L’esempio che precede il Molise di tutti, è quello di Alternativ@, movimento di analoga foggia che si inventò il senatore Roberto Ruta e sotto le cui insegne, tra gli altri e tra le altre, si candidò alle Regionali 2011 proprio l’attuale segretario regionale del Pd, Micaela Fanelli. Il cortocircuito e la confusione mentale nella quale da anni ormai vive il Pd ha radici lontane e il Molise di tutti altro non è che la prova provata di un partito che è passato dalla disciplina cupa e tetragona del vecchio Pci all’attuale sbracamento da angiporto. Un tempo, ai vecchi tempi, avrebbero cacciato a pedate nei quarti posteriori chiunque si fosse inventato un partito alternativo continuando a tenere in tasca la tessera del partito di origine. Anche si fosse chiamato Berlinguer, lo avrebbero cacciato ugualmente. E invece nel Pd cosa accade? Per un misterioso processo di gemmazione, ciascuno può riprodursi a proprio piacimento, producendo così un effetto di manomissione del quadro politico generale del quale gli elettori molisani (e italiani) non sembrano minimamente accorgersi. Ma ai molisani (e agli italiani) va bene tutto, anche il fatto che un partito si trasformi in una masseria. Questo è oggi il Pd in Molise (e con Verdini in Italia), una masseria dove c’è biada per tutti.

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