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venerdì, Aprile 19, 2024

Le dighe del Molise hanno i “piedi d’argilla”?

EditorialiLe dighe del Molise hanno i "piedi d'argilla"?

lago-di-guardialfieradi Claudio de Luca
Lungo la Penisola sono oltre un centinaio le dighe prive di un formale collaudo, spesso attivate con un Nulla osta (provvisorio), a validità ventennale ed a vigenza reiterabile. Eppure sono tanti gli invasi che potrebbero provocare cataclismi di potenza tale da esigere una manutenzione ben più assidua di quella prestata. La norma vuole che quelli di dimensioni minori possono fruire di un trattamento meno accurato; e così quelli sotto controllo sono soltanto ottocento mentre altri 10mila vengono più o meno ignorati. Insomma, per la legge, sono “importanti” soltanto le dighe, alte oltre 15 m, che contengano almeno un milione di mc d’acqua.
Mentre è codificato tutto questo una tabella del rischio del Ministero dell’ambiente rivela che i comuni molisani in pericolo sono 136 e che un terzo delle grandi dighe italiane sono state costruite in zona sismica; ragion per cui la gran parte degli invasi sfugge ad ogni controllo. Il prof. Lucio Ubertini (Costruzioni idrauliche alla “Sapienza” di Roma) ritiene che le dighe trascurate siano troppe e che le carenze si verificano proprio quando sarebbe necessario serbarsi più prudenti. Il docente conferma che pure gli invasi minori possono essere causa di danni e di tragedie; ma, purtroppo, il Gruppo nazionale per la difesa delle grandi catastrofi è stato sciolto – con decreto – sin dal 2006. Per quanto se ne sa, nel Molise la diga del Liscione potrebbe non essere mai stata collaudata. Nel caso di una esondazione, le acque riuscirebbero a radere al suolo un’intera valle sino al Nucleo industriale di Termoli. Qui sono attive diverse Aziende chimiche (tre di cui ad elevato rischio ai sensi della Direttiva “Seveso”); poi c’è lo Stabilimento della “Fca” (ex.Fiat) e la Centrale “Sorgenia”. Se si prova a chiedere lumi in proposito a “Molise acque”, si ottengono risposte evasive oppure rinvii ad altre fonti. Perciò, rimanendo a quelle ufficiali, si scopre che – quando l’Ente si chiamava “Erim” – furono segnalati alla Prefettura di Campobasso, in forma riservata e segreta, i pericoli che il territorio correva.
L’invaso di Guardialfiera di acqua ne contiene a volontà. Costruito dal 1967 al 1974 va avanti con un’autorizzazione del Ministero dei lavori pubblici risalente al 10 gennaio del 1977. Soltanto il 27 maggio del 2008, fu pubblicato un bando per il “Collaudo statico delle opere con funzione resistente”. Nel capitolato d’appalto si legge:” Al fine dell’emissione del certificato di collaudo previsto dall’art. 14 del dPR n. 1365/1959 da parte della Commissione collaudatrice è necessario acquisire, e fornire, il certificato di collaudo statico”. Dopo di che il provvedimento rende noto che “Il collaudo sarà eseguito in base alle norme vigenti negli Anni ’60 quando fu eseguita la progettazione della diga”.
Poco lontano, al confine con la Puglia, c’è un’altra diga, quella di Occhito, funzionante dall’inizio degli Anni ’70, mai collaudata e situata in un’area colpita da eventi sismici. A 2 km c’è il comune di Carlantino. Questo invaso, pur avendo una capienza di 300 milioni di mc, viene a tutt’oggi riempito sino ad un massimo di 180 mln di mc. Lo rivelò il sen. Pagliarulo, riferendone a Palazzo Madama. Nel 2002 il prof. Spilotro (ordinario di geologia nell’Ateneo lucano) ammonì:” La frana di Carlantino minaccia il lago di Occhito”. In un’area finìtima, a natura sismica sensibile, le Regioni Puglia e Molise intendevano porre mano alla diga di Piano dei Limiti. Tutto questo mentre il Ministero dell’ambiente riferisce che il 10% del Paese viene considerato dai geologi e dagli esperti a forte rischio e che il 58% dei comuni può patire frane ed un 42% di fenomeni alluvionali. Ciò nonostante, in un contesto così preoccupante, la Cassa per il Mezzogiorno finanziò – a suo tempo – ben 12 invasi, progettandone 35 tutt’ora privi d’acqua. La spesa? Duemila miliardi di lire del vecchio conio, in taluni casi spesi per manufatti che, in caso di pioggia persistente od improvvisa, potrebbero sbriciolarsi, cancellando vite umane ed infrastrutture proprio a causa dell’incompiutezza e delle mancate verifiche, dell’insicurezza da obsolescenza e dalla carenza di collaudi e di controlli adeguati.

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