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giovedì, Aprile 25, 2024

Riduzione costi della politica. La Casta beffa e spernacchia seimila persone

AperturaRiduzione costi della politica. La Casta beffa e spernacchia seimila persone

di PASQUALE DI BELLO

Con un provvedimento immotivatamente assunto nella tarda nottata, il Consiglio regionale del Molise ha bocciato la proposta di iniziativa popolare sottoscritta da seimila persone e tendente a ridimensionare i costi della politica. Una scelta, quella di operare in piena notte, che rappresenta un vero e proprio atto di arroganza.

Se è vero, secondo l’insegnamento di Cristo, che a Cesare va dato quel che è di Cesare, è altrettanto vero, al contrario, che a Cesare andrebbe tolto tutto quello che non è suo. Ad esempio, tanto per dirne una, la pappa smisurata che la Casta dei Cesari (si fa per dire) al governo porta ogni mese a casa attraverso indennità, emolumenti, rimborsi, prebende e chincaglierie varie. A questo, ad una potente cura dimagrante e ad una sostanziale riduzione dei costi della politica, mirava la legge di iniziativa popolare promossa dagli “Indignati” molisani, sottoscritta da circa seimila persone e bocciata nottetempo dal Consiglio regionale del Molise. Non intendiamo entrare nel merito della vicenda, tanto appare scontata la condivisione dell’obiettivo che si erano proposti i seimila firmatari e i promotori, ma quanto sul metodo adottato da lorsignori per arrivare a bocciare la proposta di legge.

Al termine dell’ennesima giornata farlocca, passata tra supercazzole al cubo, perdite di tempo ciclopiche e sorrisi al Sidol, alle dieci di sera, dopo aver partorito una legge di sostegno all’editoria (sic!) alla quale si sono dichiarati contrari tutti i presunti beneficiari, cioè gli editori; al termine di una giornata dove la morte per sonno ha rischiato di abbattersi su tutti i presenti, lorsignori hanno fatto quella che, a nostra memoria, è la porcheria più grande alla quale ci sia capitato di assistere. Una porcheria istituzionale e politica che è consistita nella pretesa assurda e ingiustificabile di discutere alle dieci di sera una legge di iniziativa popolare destinata a portare via dalle loro saccocce una cospicua mazzetta di euro. Una legge che, proprio perché di iniziativa popolare, avrebbe meritato una partecipazione popolare. Quella che di fatto è stata impedita, non si capisce bene sulla base di quale urgenza.

Il tema, molto sentito, sarebbe stato oggetto di una vastissima partecipazione qualora fosse stato affrontato in orari civili, tali ciò da consentire a chiunque lo avesse voluto di assistere di persona ai lavori dell’aula. Non che questo avrebbe cambiato le cose – lorsignori avrebbero comunque bocciato la legge – ma perlomeno sarebbe stato consentito ai cittadini di essere presenti e di misurare di persona il livello di spregiudicatezza – qualcuno dice di spudoratezza – al quale siamo giunti. Avrebbe consentito, se non altro, di esprimere all’indirizzo degli interessati un sonoro e liberatorio pernacchio. Nulla di tutto questo. D’altra parte, è risaputo, i misfatti peggiori avvengono sempre di notte. E così è andata. Con argomenti al limite del risibile, la Casta al potere ha deciso di conservare tutti i privilegi in campo, aggrappandosi al fatto che sul tema sarà il legislatore nazionale a provvedere. Cosa che la Casta romana, ad oggi, si è ben guardata di fare.

Favorevoli alla legge si sono dichiarati oltre ai due pentastellati, Federico e Manzo, anche i consiglieri di centrodestra, Iorio, Fusco e Cavaliere. Contrari tutti gli altri. Tra questi ultimi, continuano a stupirci i due Mozart della falce e martello, Ciocca e Iorffredi, e il consigliere Monaco, tutt’ora sotto le insegne di Costruire democrazia, movimento che della riduzione dei costi della politica aveva fatto una bandiera. Ma certe bandiere, si sa, oggi hanno vita corta.

 

 

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