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venerdì, Marzo 29, 2024

Il “Codice Di Pietro” e il “Codice Da Vinci”

EditorialiIl "Codice Di Pietro" e il "Codice Da Vinci"

di Claudio de Luca

La “fiction” di “Ski” su “Mani pulite”, l’annuncio dell’impegno quale candidato-Sindaco meneghino, la nascita dell’ “èntente cordiale” con Frattura permettono di puntare i riflettori sul Pm di Montenero e di rievocare lo “scherzetto” (poco noto in Molise) regalato ad alcuni consiglieri regionali Idv pugliesi quando partorì il “Codice Di Pietro” con precetti che sanzionarono Giacomo Olivieri, 14.595 preferenze, contro le 4.044 dell’ex-Pm Lorenzo Nicastro. Nonostante quei pochi suffragi, il secondo fu indicato Assessore e l’altro, messo da parte, fondò un nuovo Gruppo. Ma Di Pietro gli aveva già fatto sottoscrivere quel “Codice” che era una “promessa di pagamento”; ragion per cui avrebbe dovuto versare onerose “gabelle” e 100.000 euro per le spese elettorali sostenute dal Partito. Olivieri replicò che, nelle “regionali”, i destini dei candidati non sono decisi dalle Segreterie e che occorre conquistare le preferenze, spendendo in proprio per la propaganda. Perciò contestò il “Codice Di Pietro”. “Già nell’agosto del 2009 – confessò ai giornali pugliesi – quand’ero consigliere del Pd, Dì Pietro mi aveva chiesto di passare con lui, assicurandomi la ricandidatura ed invitandomi a lavorare per le vicine elezioni. Iniziai subito la campagna elettorale con i miei soldi e col simbolo dell’Idv; ma, all’atto della presentazione delle liste, mi fu sottoposto il testo della promessa, con un ‘aut-aut’: o firmi o non vieni candidato. Avendo oramai utilizzato il simbolo di quel Partito, sarei stato bruciato e fui costretto a sottoscrivere”. Olivieri contestò pure la penale di 100mila euro per i presunti importi elettorali sostenuti dall’Idv:”Una spèndita va dimostrata. Per quanto mi riguarda, posso certificare di avere messo fuori di tasca mia 47mila euro ed altri 30mila in precedenza”. Insomma, con quel Codice, Di Pietro aveva introdotto nel lessico politico un nuovo elemento: accanto agli “eletti” ed ai “nominati”, aveva partorito la categoria dei “posseduti”; ed in un caso la Magistratura aveva già riconosciuto la validità di questa tipologia contrattuale, benché imporre un freno di tal genere a persone elette con le preferenze significasse assoggettare il loro mandato ad un vincolo di proprietà non ammesso dall’art. 67 Cost. In definitiva, la sentenza sfavorevole all’Olivieri avrebbe riconosciuto la sussistenza del “diritto di possesso” di una carica pubblica in capo ad un partito. Di qui la “logica” del risarcimento preteso da Di Pietro, contraddetta dal fatto che sono gli elettori, attraverso le imposte, ad erogare la retribuzione agli eletti. Insomma, secondo il “Codice Dì Pietro”, l’uomo da eleggere con le preferenze, scelto da un Partito proprio perché è in grado di portare voti a chi lo candida, al momento dell’accettazione venderebbe la propria autonomia di pensiero e di giudizio, mandando a gambe all’aria il principio costituzionale di potere esercitare – senza vincoli – il proprio mandato. Or bene, questa vicenda non ha fatto capolino nella “fiction” di “Ski”. Perciò, diciamo a Frattura & c., nuovi amici di Tonino, “uomo avvisato, mezzo salvato”.

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