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martedì, Aprile 16, 2024

Tumore al seno. Tagliato lo screening oncologico, ora in Molise è più facile morire

AperturaTumore al seno. Tagliato lo screening oncologico, ora in Molise è più facile morire

di PASQUALE DI BELLO

Interprete ortodossa della liturgia del taglio alla spesa, l’Asrem ha bloccato lo screening oncologico della mammella con mammografo mobile su camper. Un servizio che per anni ha battuto costantemente le strade del Molise e che ha salvato molte vite e permesso a migliaia di donne un esame preventivo e gratuito.

C’era una volta un pulmino, per la precisione un camper che scorrazzava per tutti i comuni del Molise e ovunque si fermasse, portava un messaggio di prevenzione e di vita. Migliaia di persone a rischio cancro, grazie a quel camper, hanno avuto per anni la possibilità di sottoporsi ad un programma di prevenzione oncologica, un percorso gratuito di salute pubblica che ha salvato la vita a migliaia di donne. C’era un pulmino, anzi un camper che girava per tutti i comuni del Molise, e adesso non c’è più. A fermarlo c’hanno pensato i ragionieri dell’Asrem, fedeli interpreti dei diktat romani sul taglio alla spesa e protagonisti muti di quel coro greco che accompagna ogni tragedia. Perché di questo si tratta, di vera e propria tragedia, quando nel tentativo di segare gli sprechi la mannaia finisce per mozzare letteralmente le gambe ai cittadini.

Con lo scadere dello scorso anno, l’Azienda sanitaria molisana non ha rinnovato la convenzione grazie alla quale il servizio in questione veniva espletato e garantito sull’intero territorio regionale. Donne chiuse dentro paesi sperduti tra le montagne e signore isolate in contrade dimenticate anche da Dio, grazie a quel camper hanno beneficiato di un servizio al quale, diversamente, non si sarebbero mai avvicinate. Perché quello dello screening oncologico è un setaccio preventivo del cancro al quale la popolazione si avvicina volontariamente. Nei grossi centri è più facile rispondere all’invito che perviene da parte delle strutture sanitarie, quello appunto ad effettuare test che oltre alla mammella interessano anche il colon retto e la cervice uterina, ma tra le reppe molisane è invece molto difficile aderire a questa sollecitazione. Ecco perché era e resta fondamentale portare la prevenzione laddove questa mai potrebbe arrivare.

Lo screening oncologico salva la vita, perché sottopone ad un esame di prevenzione e di diagnosi precoce fasce di popolazione apparentemente sane ma potenzialmente esposte al rischio di contrarre il cancro.  Alcuni tumori, come il cancro al seno, possono essere individuati precocemente, tramite esami semplici e non invasivi. Questo faceva quello strano automezzo a bordo del quale viaggiavano strumenti, dottori, infermieri e radiologi. Un’opera, una buona opera, fermata inspiegabilmente e la cui incidenza complessiva sugli screening alla mammella era fortissima, pari al 50% della popolazione che si sottoponeva ad esami preventivi.

Non è questa la sede per attribuire o cercare responsabilità. Questa è una sede puramente registrativa nella quale, appunto, l’unica cosa che possiamo fare è annotare sul libro nero della Sanità molisana anche questo successo. Successo, chiaramente, tra virgolette e al contrario, poiché in questa gloriosa Regione se qualcosa va bene, come nell’ineffabile legge di Murphy, bisogna trovare la strada per farla andar male. Infatti forse non tutti sanno che, nello sfascio generale, quello dello screening oncologico è uno dei pochi successi della sanità locale, fiore all’occhiello conquistato grazie alla dedizione pressoché volontaria di medici e personale sanitario: anatomopatologi, radiologi, chirurghi, tecnici, ostetriche, ginecologi, endoscopisti, laboratoristi e via dicendo. Il Molise, per essere precisi alla virgola, è l’unica regione del sud Italia e di quella insulare a sostare nei piani alti e di eccellenza della classifica stilata dal Ministero della salute in tema di screening oncologico.

Adesso, per una inspiegabile decisione dei vertici dell’Asrem, viene fermato il servizio di esame preventivo itinerante. Quello del pulmino, anzi del camper con a bordo il mammografo. In conclusione, va ricordato anche che gli screening oncologici della mammella, della cervice uterina e del colon sono LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e pertanto devono essere garantiti. Di questo passo, tuttavia, quello degli occhiuti ragionieri dei tavoli romani e degli interpreti cocciuti della liturgia dell’euro, l’unica cosa ad essere garantita tra un po’ sarà solo il camposanto. Il valore dello screening oncologico, oltre al fondamentale dato scientifico e statistico, ha un risvolto economico che anche un bambino in seconda elementare capirebbe: più persone vengono esaminate e meno se ne ammalano, meno se ne ammalano e meno se ne curano, meno se ne curano e più quattrini si risparmiano. Complessivamente, l’intero apparato di prevenzione costa 900mila euro all’anno circa, comprese tutte e tre le fattispecie di esame (mammella, utero e colon) e tutti i tipi di attività, dal defunto camper a quelle svolte nelle strutture ospedaliere. Una somma ridicola, se si pensa al beneficio che genera. Di questo passo – ma la direzione ci pare quella – non vorremmo che fossero taglieggiati anche gli altri servizi di screening; allora sì che da Roma all’Asrem avremo finalmente centrato l’obiettivo: tagliare la spesa sanitaria e dare un contributo decisivo al fatturato delle pompe funebri.

 

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